Anche se il nome lo lascerebbe presupporre, William Wilson non è un song-writer folk americano. Del songwriting americano, Wilson, from Floridia (Siracusa), possiede lo stile, il carattere e il sound, ma l’animo, quello è tipicamente italiano. Dopo un passato contaminato da diversi generi che vanno dal rock dei Noise Back al black-metal dei Dark Opera, passando per lo ska-punk dei Beetle Juice e il punk-rock dei Guttalax Pie, il musicista siciliano decide di fare le cose in proprio realizzando il disco solista Just for you not for all. Con questo esordio, il song-writer siracusano intraprende, quindi, un nuovo percorso artistico, un cammino musicale che partendo da una chiara matrice folk, memore in alcune evoluzioni melodiche del compianto Elliott Smith, percorre sentieri melodici che trovano la giusta trasposizione attraverso impronte dark e tinte minimalmente psichedeliche. Just for younot for all è un album intimo e personale, concepito inizialmente come interamente acustico, ha subito in fase di realizzazione una variazione di registro dovuto all’innesto di Giuseppe Forte (tastiere e chitarre) e Francesco Inturrisi (basso), che ne hannosemi-elettrificato le melodie. Alternandosi fra cantato in inglese e francese, William Wilson realizza con estro dieci brani che affrontano temi sulla vita reale, vissuta esofferta, vista soprattutto attraverso gli occhi di due grandi nomi dellaletteratura mondiale: da una parte il poeta e jazzista francese Boris Vian, dal quale il song-writer siculo attinge ispirazione nella stesura dei brani Je Veux Une Vie En Forme D´Arete, Y A Du Soleil Dans La Rue, Pourquoi Que Je Vis e J´Aimerais/Tout àété Dit Cent Fois; dall’altra il poeta beat Gregory Corso, dal quale prende in prestito la poesia The wreck of the Nordling e la filastrocca Song, musicandole. Wilson però non si ferma qui e nell’arco di una manciata di canzoni trova anche il modo difare le sue personali dediche: Song ofThe Sirendi Tim Buckley e Incurable, rivisitata in chiave acustica, dei Piano Magic. Interamente frutto del suo estro creativo troviamo l’ironica Red iron man e la psichedelica Wonderful nightmare, esemplari dimostrazioni di un songwriting semplice e minimale ma allo stesso tempo coinvolgente. Un disco d’ascoltare con attenzione, per un esordio solista che lascia ben sperare. - Alfonso Fanizza - Ecco un cd all'insegna della letteratura e della poesia. Fin dal nome che si è dato - "William Wilson" è uno dei più noti racconti di Edgar Allan Poe - questo cantautore siciliano dichiara di voler arricchire la sua scrittura di costanti rimandi alla parola scritta. E a parte due cover - "Song To The Siren" di Tim Buckley e Larry Beckett e "Incurable" dei Piano Magic - sono qui presenti composizioni ispirate da Boris Vian e Gregory Cors. Con la sua voce sgranata e la sua atipica musicalità, William Wilson si rivolge ad un pubblico che conosce le strade sempre meno frequentate della cultura e se non fosse che per questo meriterebbe la nostra e la vostra attenzione. "Soltanto per voi, non per tutti", appunto. - Giancarlo Susanna - 6/10 Sicilia: isola nella penisola, terra d’arte e di cultura, da sempre patria e musa di scrittori e poeti. Il nostro William Wilson non fa eccezione. Nato a Scicli e cresciuto a Floridia è un siciliano DOC e soprattutto è un cantautore di indubbie doti compositive e con una vena poetica sempre più rara nella nostra era post moderna. Dopo una vita artistica passata tra gruppi e gruppetti, con molti EP alle spalle, William ha deciso di esprimersi in maniera più intima e personale con questo Just For You Not For All, ricercato album cantautorale con un’anima molto profonda e plurisfaccettata. Accompagnato da Giuseppe Forte (tastiere,chitarre e missaggio) e Francesco Inturrisi (basso), William sfoggia tutta la sua abilità canora e la sua grande passione per la musica e per la poesia nelle dieci tracce del suo album di esordio. Il suo è un sound praticamente nudo, senza fronzoli, molto intimo; l’atmosfera che si crea è quella della tranquilla serata in spiaggia con una chitarra acustica che accompagna le ore trascorse ascoltando la risacca del mare. Questa atmosfera intima e calda sfocia in intense parti vocali che colpiscono per il pathos e la passione con cui vengono cantate. Com’è giusto che sia, per tutte e dieci le tracce del full-length in primo piano vi è William con la sua voce, accompagnato da una chitarra acustica sempre assolutamente scevra di modifiche sonore di qualsiasi natura, nuda e cruda come mamma l’ha fatta. Non mancano anche batteria e basso a dare spinta in alcuni pezzi come ad esempio nell’opening track The Wreck Of Nordling. L’artista, però, privilegia l’atmosfera puramente unplugged e così sovente non vi sono basso e batteria ad accompagnare i pezzi ma si rimane solo in compagnia di chitarra e voce. Ascoltando l’album ci si rende conto che l’obiettivo di William è assolutamente quello di realizzare un lavoro semplice ma intenso che comunichi in maniera diretta e scevra da mille trame sonore, il sound acustico e cantautorale centra in pieno questo obiettivo. Aldilà della musica e delle linee melodiche sempre curate, è giusto complimentarsi con l’autore per gli splendidi testi, molto densi di significato ed ispirati. Ben quattro brani sono cantanti in francese e dedicati ed ispirati al poeta e jazzista Boris Vian: Je Veux Une Vie En Forme D'Arete, Y A Du Soleil Dans La Rue, Pour quoi Que Je Vis, J'Aimerais/Tout à été Dit Cent Fois. I restanti sei brani sono, invece, cantati in lingua inglese ed uno di questi è la cover Song To The Siren di Tim Buckley. La scelta di questa cover ben studiata e ottimamente eseguita, la dice lunga su quale sia l’approccio musicale e comunicativo di William Wilson. In conclusione, "Just For You Not For All" è un ottimo esordio per Wilson in veste cantautoriale ma di sicuro ci sono grossi margini di miglioramento, anche a livello compositivo. Sarebbe bello sentire arrangiamenti più originali e non così canonici e classici come quelli di quest’album, che, seppur validissimi, risultano alla lunga un po’ ripetitivi. Con quest’ultima affermazione non vogliamo dire che l’abum di William sia “pesante”, tutt’altro!, scorre facilmente nell’ascolto, ma nel prossimo lavoro ci piacerebbe essere stupiti anche da qualche sprazzo di imprevedibile creatività in più. I contenuti ci sono tutti e sono veri, sinceri e soprattutto sentiti. La strada intrapresa dopo molti anni di tentativi e lavori da questo artista pare essere quella giusta, a William allora l’arduo compito di continuare a coltivare la sua musica e di arricchirla maggiormente a livello compositivo e strumentale pur mantenendo questa atmosfera intima, calda e semplice. Auspichiamo ed attendiamo con ansia un secondo lavoro che ci sorprenda e ci coinvolga ulteriormente e che consenta a William di sfondare nel panorama musicale nostrano. - Gabriele Caruolo - Ecco uno di quei cantautori musicisti che portano in dote una tara di bravura indicibile, ma che purtroppo la dissipano in congetture e sinfonismi che – nonostante la quasi perfetta sincronizzazione uditiva – rimane attaccata alla memoria giusto il tempo di un giro di stereo; non per un fattore di stanca, affatto, ma solamente e perniciosamente per un fattore di troppa roba messa ad asciugare tra le note e i dilemmi di personaggi che in questo “Just For You Not For All” vanno e vengono come in una chiamata spiritica d’altri tempi. William Wilson, a dispetto del nome artista siculo della bella Scicli, intreccia, lega, ricama tra le spennate acustiche di chitarra i cannelli poetici di Boris Vian, le utopie della realtà di Gregory Corso e delle sue atropiniche visioni seventies in un’estensione innata di sensazioni e celebrazioni che danno una musicalità circoscritta, d’autoincensamento che fanno rimpiangere più le rimembranze che valorizzare al meglio, al netto l’artista stesso che le suona e le canta nell’odierno. L’esperimento sottotono della rilettura del diamante dei Piano Magic “Incurable” naufraga nel mare dell’anonimato mentre nel pugno di scrittura personale di “Red Iron Man” le quotazioni salgono all’infinito per ricadere dopo pochi minuti in un ascolto atmosferico piatto e senza altre punte d’orgoglio piccanti; si ha la netta sensazione di un disco conosciuto da sempre, mentre si scopre un giovane artista che se uscisse dal bozzolo convenzionale, potrebbe instaurare una cronaca cantautoriale con i testicoli quadrati. I piccoli dischi memorabili son ben altra cosa, ma Mister Wilson può stregare se ci si mette di punta, l’importante è aprire e ascoltare se stessi invece che andare a pescare pesci dalle acque melmose del passato. Ricordate: acqua passata non macina più! Artisti simili: Drake caffeinico, Buckley su di giri ed un ottimismo sbiancato. 5 Stelle. - Max Sannella - Deve essersi divertito molto il nostro conterraneo Wilson a incidere questo disco nato inizialmente come "unplugged" ma poi arricchito di accenni psichedelici semi-elettrici e intriso di umori dark. E' questo che traspare dall'ascolto, che si fa forte di una magistrale perla come l'interpretazione di Incurable dei Piano Magic (acustica, superiore all'originale), la messa in musica di un paio di poemi di Gregory Corso (l'accoppiata out-folk The Wreck Of The Nordling e Song) e la cover di Song To The Siren di Tim Buckley. Anche quando William fa tutto da solo - spessp rifugiandosi nella lingua francese e dipingendo bozzetti speziati di mediterraneità (Pourquoi Que Je Vis, Y A Du Soleil Dans La Rue, Je Veux Une Vie En Forme D'Arete) - il livello non cala. Ironico e con una voce pulita e incisiva (le ballate inclinate Wonderful Nightmare e Red Iron Man), Wilson si dimostra - con la semplicità che lo contraddistingue - un cantautore da tenere d'occhio. - Riccardo Bandiera - 7/10 Nel 1920 nacque un artista francese poliedrico: musicista jazz, scrittore di romanzi e poeta. Il suo nome è Boris Vian, uomo appassionato attaccato con le unghie alla sua terra, che amava comporre canzoni rivoluzionarie per la sua Francia così tremendamente immersa nella miseria del dopo guerra. Je veux une vie en forme d’arete non è solo una sua poesia, ma diventa motivo di grande ispirazione per William Willson. La terza traccia del suo Just for you, not for all è cantata in un francese molto secco e quasi feroce accompagnato dalla chitarra acustica che scandisce con decisione il ritmo. È un flash di poco più di un minuto che parla nient’altro che d’amore, di un uomo che vive e si nutre di lei: “voglio una vita a forma di te ed io l’ho, ma non mi basta ancora, non sono mai contento”. Il cantautore di Scicli presenta, dopo immense fatiche e cadute (passa infatti per anni da un gruppo all’altro, collezionando esperienze che permettono di affinare le sue doti di musicista), il suo primo album solista. Sono piccoli scorci, quelli che ci descrive, dipinti con poche pennellate lente, dove si sviluppano piccole storie raccontate unicamente dalla voce e dalla chitarra, qualche volta accompagnate da una base elettro acustica,che confeziona il pezzo e lo completa come in “Y a du soleil dans la rue”. Il francese e Boris Vian ancora non ci abbandonano e li ritroviamo anche in “Pourquoi que je vis” un pezzo decisamente allegro e gioviale, che porta una ventata di ottimismo e freschezza in tutto il percorso più incline, invece, a suoni ed atmosfere cupe. Non solo l’album si presenta come un miscuglio di nazionalità, dove a canzoni in francese se ne alternano altre in inglese, ma si scopre essere, procedendo nell’ascolto, un vero e proprio coacerbo di citazioni e omaggi a grandi personalità della storia, tra cui anche Tim Buckley. “Song to the Siren” non è altro che la cover di uno dei pezzi storici del compositore americano, morto a soli 28 anni. Probabilmente il pezzo migliore tra tutte e dieci le tracce è “Incurable”. Straziante ma appassionata è la voce che lascia trapelare un’energia diversa rispetto al resto, c’è qualcosa di potente in Wilson che gli permette di spingere e osare di più. Nel titolo sta il segreto: “incurabile” dice, ma incurabile da cosa? Ascoltando attentamente, la risposta viene da sola. È la malattia ciò da cui non si può guarire. La rabbia e il dolore sono così potenti e viscerali che diventa inevitabile trasportarli nel proprio canto “appesantito” dalla voce grave (ma bellissima) del controcanto. Il binomio voce e chitarra si ripresenta costantemente anche in “The wreck of the nordling, Song, Wonderful nightmare e Red iron man”, ma contrariamente a ciò che si pensa, non annoia mai grazie alla sua intensità e teatralità che strappa un sorriso quando deve e riempie di malinconia quando serve. Certo, se la pronuncia inglese (ma soprattutto la francese) fossero un poco più pulite non diventerebbe così palese che William Wilson altro non è che un ragazzo italiano che non ama troppo cantare nella sua lingua. La lunga gavetta fatta di alti e bassi ha dato a questo giovanotto siciliano una maturità artistica non indifferente che esplode in questo suo album, grazie anche alla partecipazione di Giuseppe Forte alle tastiere, chitarre e mixer e dell’amico di sempre Francesco Inturrisi (già compagno di viaggio nei Seeming Death, sua prima band nel 1998) al basso. Un unico appunto. Per poter giudicare davvero il calibro di un artista, sarebbe più interessante ascoltare un lavoro che sia interamente prodotto dalla sua mente. Perché la pasta c’è ed è davvero buona. - Angela Mingoni - “Just For You Not For All” è un disco folk d’autore caratterizzato da forti tinte dark e da psichedelie minimali che conferiscono alla semplice linea melodica dell’album, sua vera forza, quella dinamicità e quelle delicate sfumature sonore atte a sostenere degnamente la potenza vocale del nostro cantautore siracusano, la cui forza e bellezza non passano di certo inosservate. Un’autoproduzione di 10 tracce, quella di “William Wilson”, che si manifesta come “epifania” e insieme “work in progress” della nuova rotta intrapresa dal nostro cantautore. Una rotta che condensa e modella in una nuova forma, quella intimistica e solista, gli svariati e molteplici stili musicali adottati nel corso della sua prolifica carriera artistica (ben 15 dischi fra Ep e Full lenght di vario genere.) L’idea iniziale di Wilson era quella di produrre un disco interamente “unplugged” in qualità di cantautore e chitarrista, ma l’imprevedibilità della creazione fa sì che non sempre le intenzioni siano rispettate, dirigendo l’opera verso una composizione “in progress” appunto. Ecco allora che sul tappeto sonoro d’origine acustica, grazie anche alla collaborazione di Giuseppe Forte (tastiere,chitarre e missaggio) e Francesco Inturrisi (basso), si innestano bassi, batterie (anche elettroniche), organi, piani, escludendo però per scelta l’utilizzo delle chitarre elettriche. Per quanto riguarda i temi dei testi al centro di tutto c’è la vita reale, vissuta, sofferta, tradita, ed esaminata attraverso gli occhi di due mostri sacri della letteratura mondiale: Boris Vian, poeta e jazzista francese dalle cui poesie William trae ispirazione per ben 4 brani del disco: “Je Veux Une Vie En Forme D’Arete”, “Y A Du Soleil Dans La Rue”, “Pour quoi Que Je Vis”, “J’Aimerais/Tout à été Dit Cent Fois”. E Gregory Corso, poeta della Beat Generation da cui il nostro “prende in prestito” “The Wreck Of The Nordling” (brano che apre il disco) e “Song” (una divertente filastrocca…) adattandole alla sua musica. Nel disco sono inoltre presenti “Incurable”, dei Piano Magic, riletta in chiave acustica e la sensazionale “Song to The Siren” di Tim Buckley. Interamente di William sono invece la lisergica “Wonderful Nightmare”, e l’ironica “Red Iron Man”. Un lavoro in cui la dolcezza della lingua francese si alterna all’incisività di quella inglese rivelando i tratti peculiari del nostro artista e di conseguenza della sua musica: dolce ma incisiva! Un album però da ascoltare sicuramente più volte, se si vuole veramente riuscire a coglierne il suo senso intimo. - Rock Revolution - William Wilson ci regala dieci perle di ottimo folk d’autore, fortemente melodico e avvolgente, un misto tra poeta maledetto ed eleganza e grazia, tra Micah P. Hinson e chansonnier francesi. Non a caso, per i testi, il cantautore siciliano prende in prestito le poesie di Boris Vian e le liriche beat di Gregory Corso, per un totale di sei tracce dalle linee melodiche semplici che a volte, purtroppo, toccano il picco della noia, e coverizza Incurable dei Piano magic e la favolosa Song to the siren di Buckley padre.Interamente di William sono le ballate Wonderful Nightmaree Red Iron Man dove la voce viaggia sempre su discreti livelli, tra atmosfere oscure e delicatezze acustiche.Un album che scorre via senza sussulti, gradevole ma prevedibile, ma che ne attesta comunque l’onestà come artista. - Clov - Se uno ascoltasse William Wilson senza sapere chi è, direbbe che è un cantante venuto dalle strade deserte di N.Y., quelle dove vivono i derelitti americani. Eppure William proviene dalla Sicilia, che per certi versi potrebbe farci pensare all’America, con tutta quella commistione di culture che si sono succedute in tanti anni. Inglese e francese. Wilson potrebbe essere una sorte di Vasco Brondi. Magari è meno originale, considerando che le Luci della Centrale Elettrica fa musica propria. Ci troviamo in una situazione più folk che rock. Dieci canzoni sognanti, invernali, da gustare davanti al fuoco con la neve fuori. Canzoni maledette, . Si legge che mi piace? Credo di si, e non riesco a non ascoltarlo. Probabilmente è proprio l’isola che ispira gli artisti e non potrebbe essere diversamente. Certo i suoi lavori sono essenzialmente due in questo disco, certo i suoi idoli, come Tim Buckley, sono molto lontani, ma chi ha obiettivi grandi di solito non si ferma a piccoli risultati. Diamogli fiducia. - Silvio Mancinelli - Rodato strumentista siracusano, William Wilson debutta nel dicembre 2010 con “Just For You Not For All”, una raccolta di canzoni nudamente acustiche, finanche scheletriche, spesso debordanti nel paranoico. Più che gli arrangiamenti impressiona lo stile canoro, perlopiù insistito nel registro pseudo-tenoristico con trasporto grunge (al punto che qui e là non si distingue granchè da un qualsiasi album unplugged di un qualsiasi complesso grunge), inflessioni da castrato Jeff Buckley-iano, e talvolta un timbro scultoreo-arcano alla Jim Morrison. Con uno switching di lingue che passa da inglese al francese, e un’indubbia abilità a non cadere nella trappola dello stereotipo del chansonnier (specie nella quasi-gotica “Y A Du Soleil Dans La Rue”), William Wilson - aka William Voi - riprende e sintetizza gli spunti poetici di partenza (poesie del poeta beat Gregory Corso e di Boris Vian, il traduttore francese di Raymond Chandler) per farne un diario di bordo un po’ distaccato e autocompiaciuto, massicciamente giocato sul maledettismo piacente. Ma non è tendenzioso. Due cover: “Incurable” (Piano Magic) e “Song To The Siren” (Tim Buckley). - Michele Seran - 6/10 |
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Febbraio 2017
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