_ Tra le numerose uscite che affollano quotidianamente la rete mi sono perso questo ottimo album di William Wilson rilasciato dall'italiana LW Recordings nell'ottobre 2011. Il musicista siracusano giunge al suo secondo album da solista dopo svariate esperienze con gruppi punk, black metal e rock. Sinceramente, al primo ascolto in cuffia, tra una manciata di file zip appena immessi nel lettore mp3, non sapendo di cosa si trattasse, ho subito pensato ad una compilation, visto lo sbilanciamento di stili che compare nell'album. Che colpisce immediatamente tra il primo brano, "Vita Ludus Est", un rock riffato e disturbato con un elettronica ben calibrata, ma non eccessivamente originale e il secondo, "Blank", eccellente ballad terzinata cantata con intensa passione da William, ariosa e delicatamente tenebrosa, al numero uno tra i miei ascolti di questa settimana. Un altro balzo di genere lo si trova anche nella classicheggiante e filmica "By night" (September Sky) in cui le dinamiche giocano piacevolmente con larghe orchestrazioni adatte a gloriosi momenti. Un po' dappertutto sento lievi sapori Radiohead (ma non mi preoccupo perchè li sento ovunque). Forse manca una sfarinata di omogeneità e personalità ma sono sicuro che William, viste le eccellenti doti musicali, saprà meglio catturare nel suo prossimo lavoro. - Drizzi - _ "Summer Holidays & Folk Routine" apparentemente sembra un album folk, ma la tendenza è più rock per questo giovane artista siciliano, già attivo da tempo nel campo musicale italiano a partire dai Seeming Death del 98. Questo secondo lavoro è ricco di vari strumenti, quali il piano, il violino, mellotron e altri elementi elettronici, che accompagnarno la chitarra acustica di Wilson. 7 tracce ben realizzate, dove troviamo diverse sonorità, da quelle stoner nel brano di apertura "Vita ludus est", a quelle più fluibili e delicate di "Blank", alla malinconica "Kissed" alla ben riuscita "rivisitazione" di "Phantasmagoria" by Tim Buckley. E' un album sperimentale, contiene diversi generi è vero ma si lascia apprezzare e ascoltare e forse in questo caso è meglio non classificare un artista in un genere predefinito,quando si ha la consapevolezza di riuscire a lavorare bene in diversi contesti. - Susanna Gattuso - 7/10 _ Nell’ondata indie-folk che sta investendo il recente panorama musicale anche il nostro paese non sta li a guardare, tanti preferiscono impugnare una chitarra acustica piuttosto che una stratocaster distorta. C’è chi cerca di dare una vena sperimentale ad un genere puramente acustico, chi invece marca di più l’aspetto “popular”, è palese che Bob Dylan nel 1965 a Newport ha voluto chiudere un capitolo della musica folkoristica. Per definizione il folk è un genere che rimane fedele alla terra e alla cultura di appartenenza e il siracusano William Wilson reinterpreta questo genere con arrangiamenti molto pop. Anche se il nome è ispirato dall’omonimo romanzo di Edgar Allan Poe, in cui il protagonista, William Wilson in persona, di indole machiavellica fa fuori il William Wilson buono (magari per qualche complesso di bla bla bla), il cantante autore di Summer Holiday & Folk Routine sente la necessità di rendere omaggio alla sua terra per mano di una band di compaesani The Pepi Band realizzando una cover di "I like Fasolino." Ripercorrendo a grandi linee l’intera esperienza di William Wilson riusciamo sommariamente a ricostruire la biografia del disco. Nel 2000 fa parte dei Noise(‘s)Back con i quali partecipa a varie selezioni per band emergenti, fanno prevalentemente punk (ecco qui il primo indizio per la traccia di apertura, Vita ludus est dove si sentiranno per la prima e ultima volta nel disco chitarre alla shoegaze). Il 2010 invece regala il disco d’esordio come William Wilson dove i toni sono stemperati rispetto al passato, disco puramente acustico alla Tim Buckley (secondo indizio, la traccia numero 5 del disco è proprio la cover Phantasmagoria in two di Tim Buckley). Le restanti traccie sono una collaborazione con Valerio Zappulla (co-autore) che arricchisce gli arrangiamenti, oltre che con i canonici strumenti quali batteria e basso, con piano, mellotron e archi. L’ultima traccia A song for Allan è un vero e proprio “colpo di matto” che spezza la cordialità dell’album, qui di acustico non c’è nulla, un pezzo pieno zeppo di beats alla drum ‘n’ bass scuola Radiohead, magari sarebbe stata una scelta più consona metterla come ghost track piuttosto che come traccia di chiusura. Ultima cosa, per essere pignoli. data la durata (poco più di 20 minuti) e la quantità di tracce (7) è più un mini album. Troppo poco per essere giudicato. Della serie …TO BE CONTINUED! - Flavio Minelli - _ William Wilson è un cantautore siciliano al suo secondo lavoro. Il kit di pezzi che ci presenta sono di matrice electro rock e folk; gli arrangiamenti sono interessanti e si avvalgono di tutte le finezze del software recording più recente. Sette tracce eterogenee piacevoli e di varia fattura strumentale. "Vita Ludus Est, il brano di apertura, è un invito a lasciarci andare: "Let's Help The Pain" purché succeda qualcosa. Il brano passa attraverso varia mutazioni, si imbroglia tra generi e sonorità diverse, ma rimane sempre il telaio iniziale con quel riff che testardo ti entra nelle orecchie, sfasato un po’ saturato di armoniche sporche, poi seguono disarmonie colossali, allarmanti sovrapposizioni radiofoniche, il tutto per lanciare segnali di vita e di paura. Tutto fa gioco e divertimento come recita il titolo. In "By Night (September Sky)" un pianoforte stende colori di note su superfici che poi vengono levigate con armonie cesellate, sonorità che rimandano ad un sinfonismo artico, quello dei fiordi e dei registri caldi di archi che si interrompono su un dissolvendo che allude ad una prosecuzione. "Phantasmagoria In Two" è una cover di Tim Buckley, non vuole essere imitativo delle doti canore di Tim, d’altra parte non c’è misura che possa definire la distanza che il grande cantautore statunitense stabilisce tra i comuni mortali per marcare la sua inimitabilità. Wilson tuttavia sa usare i giusti solventi e le necessarie alchimie per riattualizzare il brano di Tim. Immaginiamo che Wilson non abbia i problemi di barré che il grande cantautore tendeva a risolvere con accordature aperte. Ne viene fuori una buona cover, con una strumming stoppato con precisione nell’incipit, un basso che detta i passi dell’armonia senza cercare complicazioni, poi il pezzo danza da solo su robusti pad di violini ben concepiti e dinamicizzati in sede di mastering. Notiamo una ricerca di epicità, di un enorme che esce tutto dal cuore di Wilson,che questo pezzo ama veramente, e lo si nota dall’ intonazione vocale a volte querula, come se volesse chiedere qualcosa. Piange in un sottofondo che non vedi, e le chitarre alla fine stanno a guardare quella voce che si dissolve. I "Like Fasolino" (The Pepi Band) ha forti matrici folk specialmente nelle parti conclusive del testo: "A Psychophisic Sensation... But I Didn't Know... It Was Really Him...It Was he Down... Like Rain Shouted Down...Like Rain Shouted Down... Like Rain". Le psicofisiche sensazioni ce le portiamo dentro anche se cerchiamo di invertire la marcia e prendere un contromano per sfuggire agli sbarramenti dell’esistenza, su quel pulviscolo di abitudine su cui poggia la nostra normalità non ci vogliamo più stare e allora preferiamo cadere e rialzarci con nuove energie. "A Song For Allan" l’ultimo brano della raccolta è costruito su una batteria nevrotica che scandisce sequenze confuse di bit ma non mira al sincopato, è uno in battere perché la ritmica deve essere tutta in battere al servizio del testo che invece viaggia su una coltre di volubilità e di attesa, in quel "But You Deserve Another Chance" c’è un aspettativa di chi vuole rientrare, accettato per quello che è e ricomporre i tasselli di un amicizia, di un rapporto, di un’ illusione, chissà… - Jango - 8/10 __MOMA FEST “Le caratteristiche della bellezza sono imprevisto, stupore e sorpresa…” Charles Baudelaire Un elemento che manca nei nostri serissimi tempi, è la sorpresa, la capacità di stupirsi. Tutto è veloce, tutto è rapido, tutto è alla portata di tutti, ma se tutto diventa così rapido ed accessibile, dov’è finito il gusto dell’inaspettato, dell’inatteso? MOMAFEST è un’idea, quest’idea, anzi, per essere precisi è un contenitore di idee. E le idee sono libertà. Il tema di MOMAFEST è proprio questo, tutte (non proprio tutte, ma almeno quelle che riusciremo a metterci dentro) le libertà espressive condensate in un solo luogo ed in un solo giorno. Giorno 26 Dicembre 2011, dalle ore 11,00 alle 2,00, l’Ex Convento del Ritiro si trasporterà d’incanto in una dimensione ideale dove la pittura, la musica, il teatro, la fotografia e molte altre cose, faranno da tramite per condurvi dentro questa nostra strana idea di libertà. Però non nella classica forma ordinata a cui tutti siamo abituati, perché verrebbe meno il concetto di stupore, che è proprio della libertà stessa a nostra avviso. Nulla sarà scalettato, chi parteciperà e chi sarà parte attiva della manifestazione, non seguirà un ordine preciso, ma proverà a stupirvi di volta in volta, proprio mentre state per accendere la vostra sigaretta. Mostre fotografiche, estemporanee d’arte, concerti, teatro, tutto sarà a vostra disposizione senza che neanche ve ne accorgiate. Se non siete disposti a stupirvi ed a sentirvi liberi almeno per una giornata, vi consigliamo di non venire al MOMAFEST, perché quando incendierà la festa finale, chi non avrà respirato quest’aria per tutta la giornata, non se la godrà abbastanza. Cos’altro dirvi? 26 Dicembre 2011, MOMAFEST. Non si salva nessuno. In console per la festa finale Paolo Mei Ingresso dalle ore 11.00 alle 21.00 3 euro dalle ore 21.00 in poi 5 euro E' previsto servizio di ristorazione e bar, il costo del biglietto include un calice di vino info e contatti Direzione Artistica: Massimo Tuccitto Organizzazione Generale: Jessica Forestiere _ Con il secondo arrivo in casa William Wilson viene spontaneo il confronto al precedente “Just for you,not for all”, per notare l’evoluzione e l’arricchimento che in questo lasso di tempo ha portato alla creazione di “Summer holidays & Folk Routine”. Scomparso quel barlume di acerba ingenuità, sono invece protagoniste le variazioni notevoli che fanno vacillare chi lo definiva seccamente un semplice cantautore indie-rock. Troviamo addirittura un pizzico di stoner alla Queen of the stone age nella canzone di apertura “Vita ludus est”, promettendo sorprese per tutti i gusti. Ad esempio “Blank” è da ascoltare per raggiungere la modalità zen, complici le ottime vibrazioni derivate un’azzeccata e poetica combinazione di piano e chitarre acustiche, così come il breve interludio del primo in “Kissed” a cui si aggiunge un pizzico di malinconia chopiniana. Riuscita bene anche la “rivisitazione” di “Phantasmagoria” by Tim Buckley. Ciò che accomuna tutte le canzoni di quella che si potrebbe definire un’opera folk solo in apparenza, è la tendenza all’infinito o meglio al non-finito del sapere a priori cosa le nostre orecchie dovranno sentire, le parole che dovranno ascoltare. - Annalisa Esposito - _ Il fascino dei Buckley ha un qualcosa di tenebroso, maledetto ed estremamente decadente, pertanto queste due generazioni hanno influenzato (direttamente e non) autori diversi, come i più recenti Drugstore , Marc Almond, Angus Mc OG. Tra gli omaggi ho scovato la cover di “Song to the Siren” ad opera di William Wilson . Una rivisitazione che la dice ben lunga sulle potenzialità dell’artista italiano Non lasciamoci ingannare dallo pseudonimo, William Wilson non ha nulla a che fare con il famoso Jonathan, nonostante la loro musica tenda ad incontrarsi nei meandri del folk sperimentale. William è in realtà un cantautore di Scicli, già attivo da tempo nel campo musicale italiano a partire dai Seeming Death del 98. Dopo una gavetta fatta di evoluzioni e trasformazioni più o meno riuscite, il musicista ha trovato la sua voce tra atmosfere cupe del primo “Just for you, not for all” uscito nel 2010. Dal 2010 all’EP “Summer Holidays and Folk Routine” il cambiamento sta nella aggiunta di diversi strumenti, quali il piano, il violino, mellotron e altri elementi elettronici, a voler accompagnare la chitarra acustica di Wilson in un viaggio costellato di incertezze e spleen che ammiccano alla letteratura simbolista e decadente francese. Oltre ai richiami a Poe e Boris Vian, la musica diventa più matura, arricchendosi di alt rock alla Placebo dai risvolti elettronici (“Vita ludus est”, “A Song for Allan”), o alcune sonorità paludose, tipiche di un blues rock contemporaneo che si contamina di post rock alla Explosions in the Sky (“By Night (September Sky)”) o più semplicemente radicate in un languido Doors ultimo periodo (“Kissed”, “Blank”). Più intimiste sono invece “I like Fasolino” e l’omaggio esplicito a Tim Buckley “ Phantasmagoria in Two”, entrambi brani di un intenso lirismo che ricordano l’ultimo Marc Almond e le sue incursioni letterarie. Con la scoperta del suo lato elettronico, William Wilson decide di valorizzare il lirismo musicale creando testi profondi e sinceri, non adatti per un pubblico facilmente suscettibile (se questa è una brutta settimana, aspettate che passi prima di mettere mano a questo EP). Per i più coraggiosi invece, non c’è che da iniziare questa sincera ma solenne esperienza. - Fabiana Giovanetti - Alla data del Circolo ARCI La Factory, Sabato 17 Dicembre, si aggiunge quella del Faro, il 20 Febbraio 2012, in occasione dei "Take Me Out Contest". William Wilson condividerà il palco con "Demo Mode", "Boomerang Baby" e "Sadoplastik". _ Il tema del doppelgänger, del doppio, è uno dei più abusati nel campo della letteratura e del cinema fantastici. Prendete ad esempio Edgar Allan Poe, “maledetto” e decadente ante-litteram, inventore del romanzo poliziesco, esponente di un tardo-romanticismo che si tingeva di suggestioni gotiche. In uno dei suoi racconti, “William Wilson”, un giovane dissoluto (William Wilson, per l'appunto) è ossessionato da un suo omonimo compagno di studi, sorta di gemello “buono”, che finisce con l'uccidere durante una festa in maschera al carnevale di Roma. È dal titolo di tale novella che un giovane e misterioso cantautore siracusano ha tratto il proprio nome d'arte ed è alla scissione di cui essa tratta che in un certo senso (e inconsciamente) s'ispira un'album come “Summer Holidays and Folk Routine”. William Wilson, infatti, aveva esordito un anno fa con l'LP “Just for You, Not for All”, raccolta di folk-ballad in bilico fra tradizione (gli chansonnier, la psichedelia anni '60) e modernità (il grunge) caratterizzate da arrangiamenti scarni, minimali, da melodie cariche di pathos e da testi letterati (i brani, fatta eccezione per due inediti e due cover, erano basati su liriche di Gregory Corso e Boris Vian). Ora questo EP ci mostra l'altra faccia di Wilson, quella più vicina al pop-rock e all'elettronica. Le sette tracce della release giocano con suggestioni di stampo “Madchester” venate industrial (Vita Ludis Est), jazz da night-club degni di David Sylvian (Blank), sperimentano con la drum'n'bass e le melodie oblique dei Radiohead (A Song for Allan), rileggono Tim Buckley alla maniera dei R. E. M. (Phantasmagoria in Two), mescolano inquietudini à la Maynard Keynes con il folk lisergico dell'era hippie (Kissed), tratteggiano splendidi mid-tempo che farebbero felici i primi Wilco (I Like Fasolino, cover dei conterranei The Pepi Band) o strumentali romantici dal forte piglio cinematico (By Night). Una prova all'insegna della varietà, dunque, ma tutt'altro che dispersiva o impersonale. La mano di Wilson (qui coadiuvato da Valerio Zappulla in veste di co-autore) s'avverte ad ogni passaggio, emerge prepotente, nonostante le tessiture di mellotron, tastiere, organo, archi e sei corde elettriche facciano di tutto per far dimenticare lo spirito del songwriter acustico che permeava l'album di debutto. Certo, tanta varietà costa qualcosa in termini di originalità e d'intensità, ma è un peccatuccio veniale: “Summer Holidays and Folk Routine” è comunque la riconferma brillante di un talento prezioso, di uno spirito inquieto pronto a regalarci in futuro – ne siamo certi – altre soddisfazioni. - Marco Loprete - 7/10 Un famoso architetto, chiamato ad esprimere un parere sulla città in cui vivo, affermò che si tratta di un luogo che non disturba affatto lo sguardo. Mi sono domandata se fosse un complimento o un insulto: il senso dell'affermazione mi è chiaro dopo aver ascoltato "Summer Holidays & Folk Routine", secondo album di William Wilson. L'intento è quello di convogliare la variegata esperienza precedente (dal rock al black metal al punk) in un progetto non troppo originale: unire sonorità folk (quasi assenti) e ambientazioni oscure. Qualcosa di affine alla potenza degli Spiritual Front? No, è giusto chiarirlo. C'è confusione: l'iniziale e accattivante "Vita ludus est" ricorda i primissimi Queens of the Stone Age, ma gli altri brani si distaccano subito, proponendo ballad piatte e scialbe. Buona la cover di "Phantasmagoria in Two" di Tim Buckley. In sostanza l'album vuole giocare con i contrasti, come nel racconto di Edgar Allan Poe che ha ispirato il moniker del musicista. Una continua lotta tra alter-ego fin troppo simili tra loro. Ma nel disco gli accostamenti sonori sembrano casuali, non pienamente sotto controllo. In esperimenti del genere c'è il rischio di proporsi con un'identità poco definita, anonima. Il risultato passa inosservato. Non disturba l'udito. Non so se è un complimento o un insulto. - Roberta D'Orazio - |
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Febbraio 2017
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