Si chiama come un racconto di E. A. Poe ma non vi terrorizzerà; ha un nome anglosassone ma è italianissimo; è nato in Florid(i)a, in un luogo di sole, mare ed arance ma non è conterraneo dei Red Hot Chili Peppers, semmai può essere amico di Roy Paci. Per la cronaca, esiste veramente un paese che si chiama quasi come lo stato americano ma è, da secoli, in Sicilia. Googolare per credere. Insomma William Wilson porta il suo destino nel nome: un diamante dalle mille sfaccettature.Il suo stile confidenziale e rassicurante colpisce sin dai primi secondi di “Just You not for all”, primo album autoprodotto e da solista e , probabilmente, registrato in casa. Registrazione domestica che sacrifica un po’ l’ascoltabilità (la voce potente è troppo mortificata dal riverbero in alcuni frangenti) ma, presumo, sia carattere peculiare di una one man band. Ciò nonostante è un album gustoso, costituito da brani brevi, intensi ed eterogenei. Uso delle lingue, la trovo un carattere interessantissimo e funzionale alla musica: il Wilson canta in inglese o in francese come sceglierebbe una chitarra o per un pianoforte, mettendo la “musica della parola” al servizio della “musica della Musica”. “Just You not for all” risente dei numerosissimi esperimenti ed esperienze musicali intrapresi dall’artista durante la carriera: infatti dal 1998 circa, il ragazzo non si è fermato mai passando da un genere all’altro. Un orecchio attento può trovare mille tracce di altrettanti ascolti. Un buon lavoro nonostante tutto. Complimenti Messieur Wilson, la partenza è buona. Ci vediamo alla prossima tappa !!! - Giovanni Villani - 6,5/10 Leave a Reply. |
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Febbraio 2017
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