La vita è un gioco. Lo dice pure William Wilson con la sua “Vita Ludus Est”, prima traccia del nuovo, e lungo, Ep “Summer Holidays and Folk Routine”. Pure la musica lo è, e come ogni gioco ha le sue regole. Ma William Wilson (nomen omen) pasticcia e confonde muovendosi indeciso tra regole diverse, tra il Rock e il cantautorato, tra l’ardore delle distorsioni, la mollezza poetica del Folk e il rigore formale della canzone pop. Ed è questo il limite maggiore della produzione. L’artista prende allo stesso modo da Tim e Jeff Buckley, Donovan, dall’Indie Rock di Radiohead e Muse e dalle contaminazioni elettroniche di certo Industrial pacificato di fine anni ’90. E cercare sintesi personale tra sistemi diversi è una cosa buona e produttiva, sulla carta, ma spesso ardita, nei fatti. Nil est dictu facilius… Succede che si perde il meglio dell’uno o dell’altro modello. Qui, per esempio, si disperde la malinconica severità della ballata folk e la potenza dell’abbinamento elettronica-chitarra elettrica. L’intervento di violini, mellotron, tastiere, pianoforti ed elementi elettronici donano all’Ep molti spunti interessanti ma, alla fine, tutti gestiti senza troppa sicurezza. Le canzoni in sé non sono male. Il cantante sa modulare la voce e raccontare sentimenti, costruendo canzoni delicate ma ricche di valore pop. Ma manca qualcosa. La musica non vive, e il gioco non riesce. Lo strumentale notturno “By The Night September Night” è un episodio dotato di buon arrangiamento e pathos, ma è totalmente in disaccordo con gli altri brani dell’Ep. La citazione di Buckley in “Phantasmagoria in Two” sembra proprio cantata dal tipo insopportabile dei Muse, e non è un bene. Lo schizzo electro-ballad “A Song For Allen” ha una buona melodia ed è costruita con sapienza, attraverso falsetti e leggeri eco, e potrebbe non sfigurare in uno degli ultimi album Placebo. La cover “I Like Fasolino” dei Pepi Band è la canzone migliore dell’Ep. Una buona traduzione, e un’ottima e coraggiosa scelta. Ammetto che Wilson le capacità le ha tutte. Eppure gli tocca raffinarsi e decidere a che gioco giocare. Da piccolo succedeva che mischiavo le carte di Monopoly e Hotel ma veniva fuori un bordello e soprattutto non aveva senso costruire il President a Via del Corso. Era una stronzata di cui mi rendevo abbastanza conto. Aspettiamo il disco intero, sperando che il musicista direzioni la sua creatività in un senso più forte e deciso e che le impurità qui contenute precipitino più in basso lasciando in vista solo l’acqua pura e distillata del discorso musicale. A ogni modo andate sul sito di William Wilson e scaricate gratuitamente il suo Ep. Almeno per ascoltare “I Like Fasolino”, ma cercate di non finire su una critica o un riassunto del racconto di Poe che non potete scaricare niente. Ah, una cosa abbastanza rara: il titolo del lavoro è bello, mi piace. - La Giustizia - _ Tra le numerose uscite che affollano quotidianamente la rete mi sono perso questo ottimo album di William Wilson rilasciato dall'italiana LW Recordings nell'ottobre 2011. Il musicista siracusano giunge al suo secondo album da solista dopo svariate esperienze con gruppi punk, black metal e rock. Sinceramente, al primo ascolto in cuffia, tra una manciata di file zip appena immessi nel lettore mp3, non sapendo di cosa si trattasse, ho subito pensato ad una compilation, visto lo sbilanciamento di stili che compare nell'album. Che colpisce immediatamente tra il primo brano, "Vita Ludus Est", un rock riffato e disturbato con un elettronica ben calibrata, ma non eccessivamente originale e il secondo, "Blank", eccellente ballad terzinata cantata con intensa passione da William, ariosa e delicatamente tenebrosa, al numero uno tra i miei ascolti di questa settimana. Un altro balzo di genere lo si trova anche nella classicheggiante e filmica "By night" (September Sky) in cui le dinamiche giocano piacevolmente con larghe orchestrazioni adatte a gloriosi momenti. Un po' dappertutto sento lievi sapori Radiohead (ma non mi preoccupo perchè li sento ovunque). Forse manca una sfarinata di omogeneità e personalità ma sono sicuro che William, viste le eccellenti doti musicali, saprà meglio catturare nel suo prossimo lavoro. - Drizzi - _ "Summer Holidays & Folk Routine" apparentemente sembra un album folk, ma la tendenza è più rock per questo giovane artista siciliano, già attivo da tempo nel campo musicale italiano a partire dai Seeming Death del 98. Questo secondo lavoro è ricco di vari strumenti, quali il piano, il violino, mellotron e altri elementi elettronici, che accompagnarno la chitarra acustica di Wilson. 7 tracce ben realizzate, dove troviamo diverse sonorità, da quelle stoner nel brano di apertura "Vita ludus est", a quelle più fluibili e delicate di "Blank", alla malinconica "Kissed" alla ben riuscita "rivisitazione" di "Phantasmagoria" by Tim Buckley. E' un album sperimentale, contiene diversi generi è vero ma si lascia apprezzare e ascoltare e forse in questo caso è meglio non classificare un artista in un genere predefinito,quando si ha la consapevolezza di riuscire a lavorare bene in diversi contesti. - Susanna Gattuso - 7/10 _ Nell’ondata indie-folk che sta investendo il recente panorama musicale anche il nostro paese non sta li a guardare, tanti preferiscono impugnare una chitarra acustica piuttosto che una stratocaster distorta. C’è chi cerca di dare una vena sperimentale ad un genere puramente acustico, chi invece marca di più l’aspetto “popular”, è palese che Bob Dylan nel 1965 a Newport ha voluto chiudere un capitolo della musica folkoristica. Per definizione il folk è un genere che rimane fedele alla terra e alla cultura di appartenenza e il siracusano William Wilson reinterpreta questo genere con arrangiamenti molto pop. Anche se il nome è ispirato dall’omonimo romanzo di Edgar Allan Poe, in cui il protagonista, William Wilson in persona, di indole machiavellica fa fuori il William Wilson buono (magari per qualche complesso di bla bla bla), il cantante autore di Summer Holiday & Folk Routine sente la necessità di rendere omaggio alla sua terra per mano di una band di compaesani The Pepi Band realizzando una cover di "I like Fasolino." Ripercorrendo a grandi linee l’intera esperienza di William Wilson riusciamo sommariamente a ricostruire la biografia del disco. Nel 2000 fa parte dei Noise(‘s)Back con i quali partecipa a varie selezioni per band emergenti, fanno prevalentemente punk (ecco qui il primo indizio per la traccia di apertura, Vita ludus est dove si sentiranno per la prima e ultima volta nel disco chitarre alla shoegaze). Il 2010 invece regala il disco d’esordio come William Wilson dove i toni sono stemperati rispetto al passato, disco puramente acustico alla Tim Buckley (secondo indizio, la traccia numero 5 del disco è proprio la cover Phantasmagoria in two di Tim Buckley). Le restanti traccie sono una collaborazione con Valerio Zappulla (co-autore) che arricchisce gli arrangiamenti, oltre che con i canonici strumenti quali batteria e basso, con piano, mellotron e archi. L’ultima traccia A song for Allan è un vero e proprio “colpo di matto” che spezza la cordialità dell’album, qui di acustico non c’è nulla, un pezzo pieno zeppo di beats alla drum ‘n’ bass scuola Radiohead, magari sarebbe stata una scelta più consona metterla come ghost track piuttosto che come traccia di chiusura. Ultima cosa, per essere pignoli. data la durata (poco più di 20 minuti) e la quantità di tracce (7) è più un mini album. Troppo poco per essere giudicato. Della serie …TO BE CONTINUED! - Flavio Minelli - _ William Wilson è un cantautore siciliano al suo secondo lavoro. Il kit di pezzi che ci presenta sono di matrice electro rock e folk; gli arrangiamenti sono interessanti e si avvalgono di tutte le finezze del software recording più recente. Sette tracce eterogenee piacevoli e di varia fattura strumentale. "Vita Ludus Est, il brano di apertura, è un invito a lasciarci andare: "Let's Help The Pain" purché succeda qualcosa. Il brano passa attraverso varia mutazioni, si imbroglia tra generi e sonorità diverse, ma rimane sempre il telaio iniziale con quel riff che testardo ti entra nelle orecchie, sfasato un po’ saturato di armoniche sporche, poi seguono disarmonie colossali, allarmanti sovrapposizioni radiofoniche, il tutto per lanciare segnali di vita e di paura. Tutto fa gioco e divertimento come recita il titolo. In "By Night (September Sky)" un pianoforte stende colori di note su superfici che poi vengono levigate con armonie cesellate, sonorità che rimandano ad un sinfonismo artico, quello dei fiordi e dei registri caldi di archi che si interrompono su un dissolvendo che allude ad una prosecuzione. "Phantasmagoria In Two" è una cover di Tim Buckley, non vuole essere imitativo delle doti canore di Tim, d’altra parte non c’è misura che possa definire la distanza che il grande cantautore statunitense stabilisce tra i comuni mortali per marcare la sua inimitabilità. Wilson tuttavia sa usare i giusti solventi e le necessarie alchimie per riattualizzare il brano di Tim. Immaginiamo che Wilson non abbia i problemi di barré che il grande cantautore tendeva a risolvere con accordature aperte. Ne viene fuori una buona cover, con una strumming stoppato con precisione nell’incipit, un basso che detta i passi dell’armonia senza cercare complicazioni, poi il pezzo danza da solo su robusti pad di violini ben concepiti e dinamicizzati in sede di mastering. Notiamo una ricerca di epicità, di un enorme che esce tutto dal cuore di Wilson,che questo pezzo ama veramente, e lo si nota dall’ intonazione vocale a volte querula, come se volesse chiedere qualcosa. Piange in un sottofondo che non vedi, e le chitarre alla fine stanno a guardare quella voce che si dissolve. I "Like Fasolino" (The Pepi Band) ha forti matrici folk specialmente nelle parti conclusive del testo: "A Psychophisic Sensation... But I Didn't Know... It Was Really Him...It Was he Down... Like Rain Shouted Down...Like Rain Shouted Down... Like Rain". Le psicofisiche sensazioni ce le portiamo dentro anche se cerchiamo di invertire la marcia e prendere un contromano per sfuggire agli sbarramenti dell’esistenza, su quel pulviscolo di abitudine su cui poggia la nostra normalità non ci vogliamo più stare e allora preferiamo cadere e rialzarci con nuove energie. "A Song For Allan" l’ultimo brano della raccolta è costruito su una batteria nevrotica che scandisce sequenze confuse di bit ma non mira al sincopato, è uno in battere perché la ritmica deve essere tutta in battere al servizio del testo che invece viaggia su una coltre di volubilità e di attesa, in quel "But You Deserve Another Chance" c’è un aspettativa di chi vuole rientrare, accettato per quello che è e ricomporre i tasselli di un amicizia, di un rapporto, di un’ illusione, chissà… - Jango - 8/10 |
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Febbraio 2017
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