William V. Wilson
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Intervista su Shiver Webzine

31/1/2011

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Perseguitato da Edgar Allan Poe
di Alberto Minnella


William Wilson è un musicista siciliano. No. William Wilson è un cantautore siciliano. Mmm… William Wilson è un artista, prima di tutto, siciliano si, ma che culturalmente abbraccia l’intero linguaggio del mondo. Note, parole, letteratura… nel suo primo disco da solista c’è tutto. Siamo riusciti a beccarlo fra un concerto e un altro e ci ha gentilmente concesso una bella chiacchierata a tinte rosso sangue, come l’amore che racconta nel suo album.

Ciao William e grazie per averci prestato un po’ del tuo tempo. Cominciamo subito con qualche domanda di rito: chi è William Wilson?

“William Wilson è il “dark side” che ognuno di noi porta con sé, l’altra faccia della medaglia, il “doppio” che cerca di emergere dai meandri della mente umana. William Wilson sono io allo specchio che cerco di tirar fuori il marcio che alberga nelle mie viscere attraverso la musica, la melodia, l’armonia e la poesia”.

É difficile portare avanti la propria musica da soli, senza quel senso di famiglia che inevitabilmente si crea quando si fa parte di una band?

“Portare avanti la mia musica, da solo, è sempre stato uno dei miei obiettivi primari, ma esporsi in prima persona è sempre una sfida ad alto rischio. C’è il pericolo di essere poco efficaci, magari potrà apparire presuntuoso da parte mia, ma ho cercato di sfruttare ed innalzare la mia vocalità, detronando e scalzando “quel senso di famiglia” al quale ti riferivi, a discapito, magari, di un progetto d’insieme che avrebbe potuto soffocarla eccessivamente. Tornando alla domanda, è difficile portare avanti la propria musica da soli, ma le soddisfazioni e le gratificazioni sono decisamente maggiori, in caso di successo”.

So che il tuo disco sta andando discretamente bene.
Parlaci un po’ di “Just for you, not for all”

“Il disco dimostra tutta la sua presunzione e unicità sin dal titolo.
Io l’ho pensato realmente per pochi, ma in realtà c’è ben poco di pretenzioso.
L’idea di fondo era di raccogliere una manciata di poesie a me care e “musicarle”, ed in effetti così è stato, in parte, anche perché ho selezionato solo ed esclusivamente versi che di per sé  erano già musicali, melodici e armoniosi. Ciò, mi ha permesso di creare agevolmente melodie efficaci che potessero evocare tramite la mia voce gli spettri presenti nei versi di Gregory Corso e, soprattutto, di Boris Vian. “Just For You, Not For All” è una raccolta di poesie che, nel mio progetto primigenio, vogliono essere un omaggio alla vita e a ciò che la rende unica e realmente degna di essere vissuta: l’amore”.

La tua musica è fortemente ispirata alla letteratura. Una cosa non nuova, ma di sicuro poco consueta in un artista emergente. Pensi sia una fonte per te indispensabile per la realizzazione dei tuoi testi e delle atmosfere intime presenti nei tuoi lavori?

“La letteratura sarà sempre per me una fonte d’ispirazione potente. Parte tutto dal nome, William Wilson. Io non sono ossessionato da Edgar Allan Poe, è lui che mi tiene in ostaggio. Sono i suoi racconti, le sue storie surreali e nere, i suoi scorci di vita vissuta al limite, come nel racconto, appunto, William Wilson, nel quale Poe non fa altro che cercare un doppio col quale condividere il peso della sua esistenza, tanto pesante da ucciderlo, da uccidersi infine, allo specchio.
Io ho due gatti, uno si chiama Edgar, l’altro Allan. Non è un caso, non è voluto. Realmente questo maledetto scrittore americano mi ha rapito l’anima e adesso io voglio far rivivere i suoi fantasmi tramite la mia musica. Chiaramente, Poe non è l’unico scrittore che mi ispira, certo è il più evocativo e ammaliante, ma anche Howard Phillips Lovecraft, non a casa suo discepolo, Joseph Sheridan Le Fanu, altro “dark writer”, Charles Baudelaire, il primo a tradurre Poe in francese, Victor Hugo, Albert Camus, Michail Bulgakov, Fedor Dostoevskij, Charles Bukowski, William Burroughs, Gregory Corso, Arthur Schopenauer, Friedrich Nietzsche mi offrono  validissimi spunti creativi per le mie canzoni”.

In Italia si suona poco dal vivo, aumentano le autoproduzioni, e la stampa è sempre più disinteressata al mondo emergente. Pensi cambierà qualcosa in questo nuovo decennio?

“Credo sinceramente che è già tutto cambiato, anche troppo. Sarà complicato ritornare ad una “normalità discografica” da molti auspicata ma decisamente ardua da raggiungere. La libera fruibilità della musica, nonché l’emergere di numerose “home recordings”, ha praticamente distrutto il mercato discografico e la sua primitiva efficacia. Adesso, chiunque può registrare musica di qualità e scaricare tutto ciò che vuole, anche prima che un lavoro sia pubblicato ufficialmente.
Io non ho ancora capito del tutto se questo sia un bene o un male, anche se opterei più per la seconda ipotesi, ma è evidente che non si vendono più dischi, nemmeno durante quei pochi concerti che ogni artista indipendente fa fatica ad organizzare. Penso, in definitiva, che da qui al 2020 non cambierà nulla, almeno non in meglio, questo è certo. Ci saranno sempre più dischi in giro per il globo e sempre una minore qualità artistica”.

Progetti futuri?

“Sto lavorando al mio secondo lavoro solista e non è una cosa per niente semplice, soprattutto perché ho la seria intenzione di pubblicare un disco doppio, cosa che non farà di certo piacere a Paolo Messere. Dovrò dimostrare di avere degli ottimi argomenti per riuscire a convincere la Seahorse a immettere nel già saturo mercato discografico un lavoro così imponente. Il mio obiettivo sarebbe quello di incidere 9 canzoni interamente composte da me, che parlino dei miei ultimi 3 anni di vita molto intensi, durante i quali sono accadute molte cose, quasi tutte piacevoli e positive, e che andranno a finire sul CD numero 1. Per quanto riguarda il CD numero 2, le canzoni saranno sempre 9 (quindi 18 tracce in tutto), ma composte in questo modo: 3 poesie in lingua inglese, presumibilmente tutte di Edgar Allan Poe, 3 poesie in francese, quasi certamente di Charles Baudelaire, e 3 poesie in tedesco, la mia sfida più grande, con Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg, in arte Novalis, in pole position. Il tutto, dovrebbe veder la luce entro la fine del 2011.

Adesso credo sia proprio tutto. Vi ho ammorbato abbastanza con le mie parole. Lasciamo spazio alla musica. Un ringraziamento ad Alberto Minnella e a tutto lo staff di Shiver Webzine per lo spazio concessomi”.
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Diretta Radio

29/1/2011

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Nuovi "live shows" durante il  prossimo mese.
Martedì 8 Febbraio, intervista telefonica per
"
Radio Capo D'Istria", Trieste, ore 16:40.
Venerdì 11 Febbraio, intervista + live acustico in diretta su "CRM Happy Radio" a Cefalù, Palermo, durante  il programma 

"Rock Revolution", ore 22:15.

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Shiver Webzine - Recensione "Just For You, Not For All"

27/1/2011

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Nel 1920 nacque un artista francese poliedrico: musicista jazz, scrittore di romanzi e poeta. Il suo nome è Boris Vian, uomo appassionato attaccato con le unghie alla sua terra, che amava comporre canzoni rivoluzionarie per la sua Francia così tremendamente immersa nella miseria del dopo guerra. Je veux une vie en forme d’arete non è solo una sua poesia, ma diventa motivo di grande ispirazione per William Willson. La terza traccia del suo Just for you, not for all è cantata in un francese molto secco e quasi feroce accompagnato dalla chitarra acustica che scandisce con decisione il ritmo. È un flash di poco più di un minuto che parla nient’altro che d’amore, di un uomo che vive e si nutre di lei: “voglio una vita a forma di te ed io l’ho, ma non mi basta ancora, non sono mai contento”.

Il cantautore di Scicli presenta, dopo immense fatiche e cadute (passa infatti per anni da un gruppo all’altro, collezionando esperienze che permettono di affinare le sue doti di musicista), il suo primo album solista. Sono piccoli scorci, quelli che ci descrive, dipinti con poche pennellate lente, dove si sviluppano piccole storie raccontate unicamente dalla voce e dalla chitarra, qualche volta accompagnate da una base elettro acustica,che confeziona il pezzo e lo completa come in “Y a du soleil dans la rue”. Il francese e Boris Vian ancora non ci abbandonano e li ritroviamo anche in “Pourquoi que je vis” un pezzo decisamente allegro e gioviale, che porta una ventata di ottimismo e freschezza in tutto il percorso più incline, invece, a suoni ed atmosfere cupe.
Non solo l’album si presenta come un miscuglio di nazionalità, dove a canzoni in francese se ne alternano altre in inglese, ma si scopre essere, procedendo nell’ascolto, un vero e proprio coacerbo di citazioni e omaggi a grandi personalità della storia, tra cui anche Tim Buckley. “Song to the Siren” non è altro che la cover di uno dei pezzi storici del compositore americano, morto a soli 28 anni. Probabilmente il pezzo migliore tra tutte e dieci le tracce è “Incurable”. Straziante ma appassionata è la voce che lascia trapelare un’energia diversa rispetto al resto, c’è qualcosa di potente in Wilson che gli permette di spingere e osare di più. Nel titolo sta il segreto: “incurabile” dice, ma incurabile da cosa? Ascoltando attentamente, la risposta viene da sola. È la malattia ciò da cui non si può guarire. La rabbia e il dolore sono così potenti e viscerali che diventa inevitabile trasportarli nel proprio canto “appesantito” dalla voce grave (ma bellissima) del controcanto. Il binomio voce e chitarra si ripresenta costantemente anche in “The wreck of the nordling, Song, Wonderful nightmare e Red iron man”, ma contrariamente a ciò che si pensa, non annoia mai grazie alla sua intensità e teatralità che strappa un sorriso quando deve e riempie di malinconia quando serve. Certo, se la pronuncia inglese (ma soprattutto la francese) fossero un poco più pulite non diventerebbe così palese che William Wilson altro non è che un ragazzo italiano che non ama troppo cantare nella sua lingua.

La lunga gavetta fatta di alti e bassi ha dato a questo giovanotto siciliano una maturità artistica non indifferente che esplode in questo suo album, grazie anche alla partecipazione di Giuseppe Forte alle tastiere, chitarre e mixer e dell’amico di sempre Francesco Inturrisi (già compagno di viaggio nei Seeming Death, sua prima band nel 1998) al basso. Un unico appunto. Per poter giudicare davvero il calibro di un artista, sarebbe più interessante ascoltare un lavoro che sia interamente prodotto dalla sua mente. Perché la pasta c’è ed è davvero buona.

- Angela Mingoni -




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Rock Revolution - William Wilson presenta "Just For You, Not For All"

26/1/2011

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“Just For You Not For All”  è un disco folk d’autore caratterizzato da forti tinte dark e da psichedelie minimali che conferiscono alla semplice linea melodica dell’album, sua vera forza, quella dinamicità e quelle delicate sfumature sonore atte a sostenere degnamente la potenza vocale del nostro cantautore siracusano, la cui forza e bellezza non passano di certo inosservate.
Un’autoproduzione di 10 tracce, quella di “William Wilson”, che si manifesta come  “epifania” e insieme “work in progress” della nuova rotta intrapresa dal nostro cantautore. Una rotta che condensa e modella in una nuova  forma, quella intimistica e solista, gli svariati e molteplici stili musicali adottati nel corso della sua prolifica carriera artistica (ben 15 dischi fra Ep e Full lenght di vario genere.)
L’idea iniziale di Wilson era quella di produrre un disco interamente “unplugged” in qualità di cantautore e chitarrista, ma l’imprevedibilità della creazione fa sì che non sempre le intenzioni siano rispettate, dirigendo l’opera verso una composizione “in progress” appunto.
Ecco  allora che sul tappeto sonoro d’origine acustica, grazie anche alla collaborazione di Giuseppe Forte (tastiere,chitarre e missaggio) e Francesco Inturrisi (basso), si innestano bassi, batterie (anche elettroniche), organi, piani, escludendo però per scelta l’utilizzo delle chitarre elettriche.
Per quanto riguarda i temi dei testi al centro di tutto c’è la vita reale, vissuta, sofferta, tradita, ed esaminata attraverso gli occhi di due mostri sacri della letteratura mondiale:
Boris Vian, poeta e jazzista francese dalle cui poesie William trae ispirazione per ben 4 brani del disco: “Je Veux Une Vie En Forme D’Arete”, “Y A Du Soleil Dans La Rue”,
“Pour quoi Que Je Vis”, “J’Aimerais/Tout à été Dit Cent Fois”.
E  Gregory Corso, poeta della Beat Generation da cui il nostro “prende in prestito”
“The Wreck Of The Nordling” (brano che apre il disco) e “Song” (una divertente filastrocca…) adattandole alla sua musica.
Nel disco sono inoltre presenti “Incurable”, dei Piano Magic, riletta in chiave acustica e la sensazionale “Song to The Siren” di Tim Buckley.
Interamente di William sono invece la lisergica “Wonderful Nightmare”, e l’ironica “Red Iron Man”.
Un lavoro in cui la dolcezza della lingua francese si alterna all’incisività di quella inglese rivelando i tratti  peculiari del nostro artista e di conseguenza della sua musica: dolce ma incisiva!
Un album però da ascoltare sicuramente più volte, se si vuole veramente riuscire a coglierne il suo senso intimo.

- Rock Revolution -


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Jesusmile - Recensione "Just For You, Not For All"

26/1/2011

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William Wilson ci regala dieci perle di ottimo folk d’autore, fortemente melodico e avvolgente, un misto tra poeta maledetto ed eleganza e grazia, tra Micah P. Hinson e chansonnier francesi. Non a caso, per i testi, il cantautore siciliano prende in prestito le poesie di Boris Vian e le liriche beat di Gregory Corso, per un totale di sei tracce dalle linee melodiche semplici che a volte, purtroppo, toccano il picco della noia, e coverizza Incurable dei Piano magic e la favolosa Song to the siren di Buckley padre.Interamente di William sono le ballate Wonderful Nightmaree Red Iron Man dove la voce viaggia sempre su discreti livelli, tra atmosfere oscure e delicatezze acustiche.Un album che scorre via senza sussulti, gradevole ma prevedibile, ma che ne attesta comunque l’onestà come artista.

- Clov -

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Musicalnews - Recensione "Just For You, Not For All"

25/1/2011

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Se uno ascoltasse William Wilson senza sapere chi è, direbbe che è un cantante venuto dalle strade deserte di N.Y., quelle dove vivono i derelitti americani.
Eppure William proviene dalla Sicilia, che per certi versi potrebbe farci pensare all’America, con tutta quella commistione di culture che si sono succedute in tanti anni. Inglese e francese. Wilson potrebbe essere una sorte di Vasco Brondi. Magari è meno originale, considerando che le Luci della Centrale Elettrica fa musica propria. Ci troviamo in una situazione più folk che rock. Dieci canzoni sognanti, invernali, da gustare davanti al fuoco con la neve fuori. Canzoni maledette, . Si legge che mi piace? Credo di si, e non riesco a non ascoltarlo. Probabilmente è proprio l’isola che ispira gli artisti e non potrebbe essere diversamente. Certo i suoi lavori sono essenzialmente due in questo disco, certo i suoi idoli, come Tim Buckley, sono molto lontani, ma chi ha obiettivi grandi di solito non si ferma a piccoli risultati. Diamogli fiducia.

- Silvio Mancinelli -

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Ondarock - Recensione "Just For You, Not For All"

18/1/2011

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Rodato strumentista siracusano, William Wilson debutta nel dicembre 2010 con “Just For You Not For All”, una raccolta di canzoni nudamente acustiche, finanche scheletriche, spesso debordanti nel paranoico. Più che gli arrangiamenti impressiona lo stile canoro, perlopiù insistito nel registro pseudo-tenoristico con trasporto grunge (al punto che qui e là non si distingue granchè da un qualsiasi album unplugged di un qualsiasi complesso grunge), inflessioni da castrato Jeff Buckley-iano, e talvolta un timbro scultoreo-arcano alla Jim Morrison.
Con uno switching di lingue che passa da inglese al francese, e un’indubbia abilità a non cadere nella trappola dello stereotipo del chansonnier (specie nella quasi-gotica “Y A Du Soleil Dans La Rue”), William Wilson - aka William Voi - riprende e sintetizza gli spunti poetici di partenza (poesie del poeta beat Gregory Corso e di Boris Vian, il traduttore francese di Raymond Chandler) per farne un diario di bordo un po’ distaccato e autocompiaciuto, massicciamente giocato sul maledettismo piacente. Ma non è tendenzioso. Due cover: “Incurable” (Piano Magic) e “Song To The Siren” (Tim Buckley).

- Michele Seran - 6/10

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Indie Zone - Recensione "Just For You, Not For All"

16/1/2011

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Anima cantautorale quella di William Wilson, pseudonimo preso a prestito da Edgar Allan Poe : 10 brani delicati, malinconici (se si esclude la parentesi spensierata di “Pourquoi Que Je Vis”), tappeti musicali acustici e minimali su cui adagiare testi perlopiù presi a prestito (ben 6 brani sono adattamenti di poesie di Boris Vian e Gregory Corso). Aggiungendo al lotto due cover (“Incurable” dei Piano Magic e “Song To The Siren” di Tim Buckley, riletta curiosamente in tempi recenti anche da John Frusciante) la farina del proprio sacco rimane poca, e non molto stimolante: il disco scorre senza sussulti fra una canzone e l'altra, con arrangiamenti poco incisivi se si escludono “Je Veux Une Vie En Forme D'Arete” (comunque troppo breve per guadagnare intensità emotiva) e la conclusiva “J'Aimerais/Tout A Etè Dit Cent Fois”, molto vicina al Lanegan solista di qualche anno fa. Aggiungendo che “Wonderful Nightmare” e “Red Iron Man”, i due brani interamente suoi, non riescono a brillare, una valutazione negativa di questo lavoro è inevitabile.


- Stefano Ficagna -

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The Rock Blog Review - Recensione "Just For You, Not For All"

14/1/2011

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Dieci tracce solo per te, ma non per tutti, “Just For You Not For All”.
Wilson, dopo aver capitanato diverse formazioni e navigato in diversi generi musicali, decide a creare un disco da solo, autoprodotto, personale e non solo più un EP. Dopo aver esplorato diversi paesaggi sonori, dal 1998 al 2007 e sperimentato non poco,  si cimenta in un disco dalle tinte un po’ sfocate, timido ed evanescente. Un opera quasi accademica, in cui il “minimale” e la semplicità non riescono ad essere dei valori aggiunti ma sembrano denotare soltanto la mancanza di tecnica e fantasia. Un disco acustico, in cui anche quelle idee che avrebbero potuto definire meglio il suo pensiero e la sua poetica vengono a mancare.  Delicato ed intimo il lavoro prende corpo tra ballate e cover a cui si ispira l’artista, trai quali Tim Buckley (“To The Siren”) ed una lettura personale di poesie in francese di Boris Vian e Gregory Corso che si sviluppano leggere tra linguaggi che non sembrano esser ancora stati interiorizzati troppo. Anche il supporto di Giuseppe Forte (chitarre, tastiere, batteria) e Francesco Inturrisi (basso), amici di vecchia data del cantautore non sembrano aiutare nell’ardua impresa di risollevare le sorti del disco. Ci sarebbe davvero voluto qualcosa in più.
In futuro bisognerà strutturare meglio le proprie idee ed evitare un altro passo falso.

- Antonello Furione -

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Nerds Attack - Recensione "Just For You, Not for All"

14/1/2011

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C’è molta carne al fuoco nella produzione “fatta in casa” dal siciliano di Siracusa William Wilson.
Un nome d’arte preso direttamente dalla foschia della letteratura di Poe, poesia e citazioni (Boris Vian + Gregory Corso), un cantato a dividersi tra inglese e francese, una cover dei Piano Magic (recenti) di ‘Incurable’, un amore debitore verso l’inarrivabile Tim Buckley omaggiato con la leggendaria ‘Song To The Siren’, ambizioni e coraggio. Il risultato, seppur encomiabile, non incide, non lascia il segno, scorrendo via purtroppo con la pericolosa ed incombente ombra della noia. Pensato troppo “alto” e riuscito troppo “innaturale”. La seconda parte si fa comunque preferire alla prima.

- Emanuele Tamagnini -


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