_ Con il secondo arrivo in casa William Wilson viene spontaneo il confronto al precedente “Just for you,not for all”, per notare l’evoluzione e l’arricchimento che in questo lasso di tempo ha portato alla creazione di “Summer holidays & Folk Routine”. Scomparso quel barlume di acerba ingenuità, sono invece protagoniste le variazioni notevoli che fanno vacillare chi lo definiva seccamente un semplice cantautore indie-rock. Troviamo addirittura un pizzico di stoner alla Queen of the stone age nella canzone di apertura “Vita ludus est”, promettendo sorprese per tutti i gusti. Ad esempio “Blank” è da ascoltare per raggiungere la modalità zen, complici le ottime vibrazioni derivate un’azzeccata e poetica combinazione di piano e chitarre acustiche, così come il breve interludio del primo in “Kissed” a cui si aggiunge un pizzico di malinconia chopiniana. Riuscita bene anche la “rivisitazione” di “Phantasmagoria” by Tim Buckley. Ciò che accomuna tutte le canzoni di quella che si potrebbe definire un’opera folk solo in apparenza, è la tendenza all’infinito o meglio al non-finito del sapere a priori cosa le nostre orecchie dovranno sentire, le parole che dovranno ascoltare. - Annalisa Esposito - _ Il fascino dei Buckley ha un qualcosa di tenebroso, maledetto ed estremamente decadente, pertanto queste due generazioni hanno influenzato (direttamente e non) autori diversi, come i più recenti Drugstore , Marc Almond, Angus Mc OG. Tra gli omaggi ho scovato la cover di “Song to the Siren” ad opera di William Wilson . Una rivisitazione che la dice ben lunga sulle potenzialità dell’artista italiano Non lasciamoci ingannare dallo pseudonimo, William Wilson non ha nulla a che fare con il famoso Jonathan, nonostante la loro musica tenda ad incontrarsi nei meandri del folk sperimentale. William è in realtà un cantautore di Scicli, già attivo da tempo nel campo musicale italiano a partire dai Seeming Death del 98. Dopo una gavetta fatta di evoluzioni e trasformazioni più o meno riuscite, il musicista ha trovato la sua voce tra atmosfere cupe del primo “Just for you, not for all” uscito nel 2010. Dal 2010 all’EP “Summer Holidays and Folk Routine” il cambiamento sta nella aggiunta di diversi strumenti, quali il piano, il violino, mellotron e altri elementi elettronici, a voler accompagnare la chitarra acustica di Wilson in un viaggio costellato di incertezze e spleen che ammiccano alla letteratura simbolista e decadente francese. Oltre ai richiami a Poe e Boris Vian, la musica diventa più matura, arricchendosi di alt rock alla Placebo dai risvolti elettronici (“Vita ludus est”, “A Song for Allan”), o alcune sonorità paludose, tipiche di un blues rock contemporaneo che si contamina di post rock alla Explosions in the Sky (“By Night (September Sky)”) o più semplicemente radicate in un languido Doors ultimo periodo (“Kissed”, “Blank”). Più intimiste sono invece “I like Fasolino” e l’omaggio esplicito a Tim Buckley “ Phantasmagoria in Two”, entrambi brani di un intenso lirismo che ricordano l’ultimo Marc Almond e le sue incursioni letterarie. Con la scoperta del suo lato elettronico, William Wilson decide di valorizzare il lirismo musicale creando testi profondi e sinceri, non adatti per un pubblico facilmente suscettibile (se questa è una brutta settimana, aspettate che passi prima di mettere mano a questo EP). Per i più coraggiosi invece, non c’è che da iniziare questa sincera ma solenne esperienza. - Fabiana Giovanetti - Alla data del Circolo ARCI La Factory, Sabato 17 Dicembre, si aggiunge quella del Faro, il 20 Febbraio 2012, in occasione dei "Take Me Out Contest". William Wilson condividerà il palco con "Demo Mode", "Boomerang Baby" e "Sadoplastik". _ Il tema del doppelgänger, del doppio, è uno dei più abusati nel campo della letteratura e del cinema fantastici. Prendete ad esempio Edgar Allan Poe, “maledetto” e decadente ante-litteram, inventore del romanzo poliziesco, esponente di un tardo-romanticismo che si tingeva di suggestioni gotiche. In uno dei suoi racconti, “William Wilson”, un giovane dissoluto (William Wilson, per l'appunto) è ossessionato da un suo omonimo compagno di studi, sorta di gemello “buono”, che finisce con l'uccidere durante una festa in maschera al carnevale di Roma. È dal titolo di tale novella che un giovane e misterioso cantautore siracusano ha tratto il proprio nome d'arte ed è alla scissione di cui essa tratta che in un certo senso (e inconsciamente) s'ispira un'album come “Summer Holidays and Folk Routine”. William Wilson, infatti, aveva esordito un anno fa con l'LP “Just for You, Not for All”, raccolta di folk-ballad in bilico fra tradizione (gli chansonnier, la psichedelia anni '60) e modernità (il grunge) caratterizzate da arrangiamenti scarni, minimali, da melodie cariche di pathos e da testi letterati (i brani, fatta eccezione per due inediti e due cover, erano basati su liriche di Gregory Corso e Boris Vian). Ora questo EP ci mostra l'altra faccia di Wilson, quella più vicina al pop-rock e all'elettronica. Le sette tracce della release giocano con suggestioni di stampo “Madchester” venate industrial (Vita Ludis Est), jazz da night-club degni di David Sylvian (Blank), sperimentano con la drum'n'bass e le melodie oblique dei Radiohead (A Song for Allan), rileggono Tim Buckley alla maniera dei R. E. M. (Phantasmagoria in Two), mescolano inquietudini à la Maynard Keynes con il folk lisergico dell'era hippie (Kissed), tratteggiano splendidi mid-tempo che farebbero felici i primi Wilco (I Like Fasolino, cover dei conterranei The Pepi Band) o strumentali romantici dal forte piglio cinematico (By Night). Una prova all'insegna della varietà, dunque, ma tutt'altro che dispersiva o impersonale. La mano di Wilson (qui coadiuvato da Valerio Zappulla in veste di co-autore) s'avverte ad ogni passaggio, emerge prepotente, nonostante le tessiture di mellotron, tastiere, organo, archi e sei corde elettriche facciano di tutto per far dimenticare lo spirito del songwriter acustico che permeava l'album di debutto. Certo, tanta varietà costa qualcosa in termini di originalità e d'intensità, ma è un peccatuccio veniale: “Summer Holidays and Folk Routine” è comunque la riconferma brillante di un talento prezioso, di uno spirito inquieto pronto a regalarci in futuro – ne siamo certi – altre soddisfazioni. - Marco Loprete - 7/10 Un famoso architetto, chiamato ad esprimere un parere sulla città in cui vivo, affermò che si tratta di un luogo che non disturba affatto lo sguardo. Mi sono domandata se fosse un complimento o un insulto: il senso dell'affermazione mi è chiaro dopo aver ascoltato "Summer Holidays & Folk Routine", secondo album di William Wilson. L'intento è quello di convogliare la variegata esperienza precedente (dal rock al black metal al punk) in un progetto non troppo originale: unire sonorità folk (quasi assenti) e ambientazioni oscure. Qualcosa di affine alla potenza degli Spiritual Front? No, è giusto chiarirlo. C'è confusione: l'iniziale e accattivante "Vita ludus est" ricorda i primissimi Queens of the Stone Age, ma gli altri brani si distaccano subito, proponendo ballad piatte e scialbe. Buona la cover di "Phantasmagoria in Two" di Tim Buckley. In sostanza l'album vuole giocare con i contrasti, come nel racconto di Edgar Allan Poe che ha ispirato il moniker del musicista. Una continua lotta tra alter-ego fin troppo simili tra loro. Ma nel disco gli accostamenti sonori sembrano casuali, non pienamente sotto controllo. In esperimenti del genere c'è il rischio di proporsi con un'identità poco definita, anonima. Il risultato passa inosservato. Non disturba l'udito. Non so se è un complimento o un insulto. - Roberta D'Orazio - "Tu hai vinto ed io muoio. Ma d'ora innanzi anche tu sei morto, morto al mondo, al Cielo e alla speranza! Tu esistevi in me, ed ora tu vedi nella mia morte, in questa stessa immagine che è la tua, come abbia assassinato te stesso!" (EA. Poe - William Wilson) E' buio pesto nella mia stanza e cosi nel panorama musicale indie nostrano e proprio nelle tenebre quel po' di luce che affiora ci pare un fuoco immenso che ci da' speranza, illusione e troppe volte delusioni. Ci fa' sentire vivi quella lucina, anche se sembra cosi difficile, da lontano, distinguere le stelle all' orizzonte dai falo' delle puttane stakanoviste. E' cosi che finiamo per idolatrare musicisti mediocri, operatori ecologo-musicali che con le loro belle scope a forma di chitarra raccolgono gli avanzi di Battisti, Rino Gaetano, De Gregori e poi cucinano tutto in bel timballo tanto bello quanto indigesto. Accendo la luce prima di buttar giu' televisore e computer e comincio ad ascoltare e mi rendo conto di essere in Italia nel 2011 e negli States di inizi anni '90 e a Filadelfia nel 1839. Non so esattamente quando mi trovo ma scopriro' che quello che sto per ascoltare non e' certo l' aborto di qualche puttana o spazzino del mestiere. C'e' tanta passione, amore, nella musica di William Wilson e poco spazio per paraculate. Basta stronzate, veniamo alla musica e "balliamo di architettura" che poi e' la passione di noi ex musicisti e scrittori falliti, resuscitati dal mito di Bangs. L' Ep "Summer Holidays & Folk Routine" si apre con Vita Ludus Est, 3 minuti e 40 secondi che vi daranno la carica, la forza di alzarvi dal letto, togliere il disco e tornare tranquilli dal vostro amato Eddie. Ma non fatelo! "Finche' c'e' vino e sigarette c'e' speranza". L' apertura suona vecchia, ripetitiva, poco ispirata ma quanto meno allarga il sound del cantautore siracusano verso scenari elettronici e "synthetici". Il secondo brano, Blank, alza decisamente la qualita', anche se nulla di nuovo e' sotto il sole. Matt Elliott, Mark Lanegan, i paragoni potrebbero essere infiniti. Buona voce, mai ridondante, chitarra, piano, e tutto quello che serve per realizzare un pezzo sulle note del quale sognare, amare e bere vino. Con Kissed, la storia cambia ancora. Unica costante la voce. Sempre opportuna ed efficace. Ritmo ripetitivo, ossessivo, potente che sembra sciogliersi a mano a mano che il tempo passa. La musica si sfalda e si ricompone continuamente in maniera psychedelica, cosi come farebbero i volti della gente ai vostri occhi, in pieno trip da Lysergesäurediethylamid, per poi chiudersi con un accenno di piano che sembra il preludio a quello che ci aspetta. In By Night il padrone assoluto e' proprio lui. Modern Classical , Post Rock, tutto in chiave strumentale per 3 minuti scarsi che vorresti non finissero mai. Pezzo eccellente. Stessa cosa il brano successivo Pantasmagoria in two, cover di Tim Buckley. Il paragone vocale e' ovviamente impossibile, la musica non si discosta molto dall' originale ma ha il pregio di ripulirla dalla polvere dei suoi tanti anni. Siamo quasi alla fine ma c'e' ancora tanto da ascoltare. I like Fasolino (reinterpretazione dei The Pepi Band) e' forse il pezzo migliore del disco, perfetta sintesi di voce, atmosfera e nostalgia folk, voce, piano, chitarra ecc.. Tutti gli elementi si mescolano perfettamente senza mai scontrarsi e senza appesantire il pezzo. Il disco si chiude con A Song for Allan, che non fa' nient' altro che ricollegarsi all' iniziale Vita Ludus Est ed al suo accenno alle contaminazioni elettroniche. L' EP e' finito. Non so' bene se e quanto sono soddisfatto. Intanto inizio a riascoltarlo. Tanti interrogativi restano aperti. L' elettronica non e' parsa una trovata geniale quanto piuttosto un modo semplice per svecchiare musica che non e' certo la piu' avanguardista che ascolterete ma finisce per banalizzare le qualita' di William Wilson. La speranza e' che nei prossimi lavori siano piu' chiare le intenzioni e il percorso artistico e soprattutto crediamo che nulla possa impedire il ripetersi di prelibatezze gia' assaporate stasera. La speranza e' che il talento di William Wilson non finisca per assassinare se' stesso. Sulla fiducia, sette pieno. - Silvio Pizzica - 7/10 |
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Febbraio 2017
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