Anima cantautorale quella di William Wilson, pseudonimo preso a prestito da Edgar Allan Poe : 10 brani delicati, malinconici (se si esclude la parentesi spensierata di “Pourquoi Que Je Vis”), tappeti musicali acustici e minimali su cui adagiare testi perlopiù presi a prestito (ben 6 brani sono adattamenti di poesie di Boris Vian e Gregory Corso). Aggiungendo al lotto due cover (“Incurable” dei Piano Magic e “Song To The Siren” di Tim Buckley, riletta curiosamente in tempi recenti anche da John Frusciante) la farina del proprio sacco rimane poca, e non molto stimolante: il disco scorre senza sussulti fra una canzone e l'altra, con arrangiamenti poco incisivi se si escludono “Je Veux Une Vie En Forme D'Arete” (comunque troppo breve per guadagnare intensità emotiva) e la conclusiva “J'Aimerais/Tout A Etè Dit Cent Fois”, molto vicina al Lanegan solista di qualche anno fa. Aggiungendo che “Wonderful Nightmare” e “Red Iron Man”, i due brani interamente suoi, non riescono a brillare, una valutazione negativa di questo lavoro è inevitabile. - Stefano Ficagna - Dieci tracce solo per te, ma non per tutti, “Just For You Not For All”. Wilson, dopo aver capitanato diverse formazioni e navigato in diversi generi musicali, decide a creare un disco da solo, autoprodotto, personale e non solo più un EP. Dopo aver esplorato diversi paesaggi sonori, dal 1998 al 2007 e sperimentato non poco, si cimenta in un disco dalle tinte un po’ sfocate, timido ed evanescente. Un opera quasi accademica, in cui il “minimale” e la semplicità non riescono ad essere dei valori aggiunti ma sembrano denotare soltanto la mancanza di tecnica e fantasia. Un disco acustico, in cui anche quelle idee che avrebbero potuto definire meglio il suo pensiero e la sua poetica vengono a mancare. Delicato ed intimo il lavoro prende corpo tra ballate e cover a cui si ispira l’artista, trai quali Tim Buckley (“To The Siren”) ed una lettura personale di poesie in francese di Boris Vian e Gregory Corso che si sviluppano leggere tra linguaggi che non sembrano esser ancora stati interiorizzati troppo. Anche il supporto di Giuseppe Forte (chitarre, tastiere, batteria) e Francesco Inturrisi (basso), amici di vecchia data del cantautore non sembrano aiutare nell’ardua impresa di risollevare le sorti del disco. Ci sarebbe davvero voluto qualcosa in più. In futuro bisognerà strutturare meglio le proprie idee ed evitare un altro passo falso. - Antonello Furione - C’è molta carne al fuoco nella produzione “fatta in casa” dal siciliano di Siracusa William Wilson. Un nome d’arte preso direttamente dalla foschia della letteratura di Poe, poesia e citazioni (Boris Vian + Gregory Corso), un cantato a dividersi tra inglese e francese, una cover dei Piano Magic (recenti) di ‘Incurable’, un amore debitore verso l’inarrivabile Tim Buckley omaggiato con la leggendaria ‘Song To The Siren’, ambizioni e coraggio. Il risultato, seppur encomiabile, non incide, non lascia il segno, scorrendo via purtroppo con la pericolosa ed incombente ombra della noia. Pensato troppo “alto” e riuscito troppo “innaturale”. La seconda parte si fa comunque preferire alla prima. - Emanuele Tamagnini - Scicli è un comune in provincia di Ragusa, famoso per l’architettura di vari stili che vi si può trovare, ma non certo per la musica. William Wilson, cantautore già attivo in vari altri progetti nell’isola meridionale, prova a cambiare le cose autoproducendosi un disco che tenta di dimostrare come anche qui si componga della bella musica. Ci sarà riuscito? La verità è che risulta molto difficile dare un giudizio organico di questo lavoro: Just For You Not For All sembra quasi una dichiarazione d’intenti, più che un titolo di disco, riferendosi praticamente al pubblico a cui è diretto l’album, che infatti non è “per tutti”, ma richiede una certa conoscenza per poterlo capire ed approfondire. Di per sé, niente di complesso: in realtà la virtù principale del disco è l’essere particolarmente minimale, privo di fronzoli, relativamente semplice. E farlo in maniera troppo palese come qui avviene è forse un modo per nascondere carenze a livello tecnico e compositivo che in diversi frangenti del disco si possono riscontrare (alcuni passaggi in “Red Iron Man” in particolare, nonostante sia uno degli episodi oggettivamente più riusciti). Ma non si giudica un’opera musicale solo in virtù di queste caratteristiche. Wilson (che tra l’altro è il nome di un personaggio di Edgar Allan Poe), mette in fila una serie di malinconicissime ballad le cui sfumature sempre molto delicate e soffici ricordano la buona stella di Jeff Buckley, da cui rubano anche alcune nuances decadenti, supportate anche dall’utilizzo della lingua francese, per esempio nel musicare Boris Vian. Altri riferimenti ai quali Wilson si è appoggiato sono quelli di Gregory Corso, e dei Piano Magic, di cui realizza una cover di “Incurable”, quest’ultima in realtà presuntuosa presa di posizione che risulta molto carina e funzionale al resto del disco nella sua veste acustica. La cantautorale italiana negli ultimi anni ha subito un’impennata incredibile, con il protagonismo delle liriche e degli arrangiamenti sperimentali (o classicheggianti) di alcuni nomi, che non andremo a ripetere. William Wilson tenta di coniare letteratura già scritta a concezioni di questo tipo, non riuscendo nell’intento di risultare efficace oppure importante. Si possono apprezzare le poesie di Vian rimaneggiate, così come l’eccesso di autoreferenzialità che sfugge da ogni canzone, nonostante siano solo due quelle che l’artista firma con la sua penna, e forse anche le intenzioni di dare una patina di fioca torbidità al disco lo riesce a sollevare dal baratro. In sintesi, questo è un album che comunque potrà piacere a chi ascolta musica di questo tipo, ma che non aggiunge niente ad un panorama che ha già giocato le sue (ultime) carte in questi due o tre anni. La provvidenziale banalità degli arrangiamenti fa il resto, e lungi da noi criticare oltre il lavoro di un musicista di tutto rispetto lasciamo l’onore di concludere la recensione ad un augurio di vedere, in futuro, più elaborazione personale da parte di un cantautore che ha senz’altro capacità immensamente più grandi di quelle rivelate da Just For You, Not For All. - Brizz 89 - |
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Febbraio 2017
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